Needing

In questo strano 2020 che sembra non finire più abbiamo patito la stronza mancanza di parecchie cose, più o meno quotidiane.
Una mi è rimasta impressa, marchiata dentro di brutto.
Il piccolo ha 12 anni e da sei sputa sudore sul parquet, tanta fatica, tanto sudore, soprattutto gli ultimi due anni, tre allenamenti la settimana, compiti, compiti, compiti.
Poi di botto, la brusca frenata, una piccola ripartenza, il colpo di grazia e la seconda frenata.
Mi mancano tanto quei momenti, solo suoi e miei.
Domenica mattina, quasi sempre molto presto, la borsa, la divisa, le scarpe, la borraccia, la canotta con il 77, il suo numero.
Lui è sempre assonnato, ma è come me, basta poco per ripigliarsi, la colazione si fa fuori al bar, si esce e spesso è gelo, nebbia fitta, imbacuccati.
Maps e via, verso la provincia milanese, i palazzetti sperduti, i centri sportivi in mezzo al nulla, il caffè nei baretti di paese con i vecchietti che sorridono in mezzo a tutte quelle tute e borse blu, casino terminale di dodicenni che sconvolgono qualche minuto di esistenza.
L’ingresso sul parquet e quell’odore, di agonismo, di palloni, di partita.
Gli ultimi consigli, sempre gli stessi:

Rimbalzi, rimbalzi e ancora rimbalzi, quello devi fare tu, l’area è roba tua, di nessun’altro. Dai mi raccomando.

Le risate con gli altri genitori, quelli che si ricordano, abbiamo già giocato qui, il 27 è fortissimo. Il tifo sano, vero del basket, mica le mezze risse del calcio.
La sirena e quel rumore, quel fischio strano delle scarpe sul parquet.
Il rumore più bello di tutti, quel ciuf del pallone che liscia la retina.
Tutto fermo, tutto bloccato.
Insomma, ‘fanculo, mi manca.