Osservo gli altri due, seduti comodi sulle poltrone in pelle della sala riunioni.
Attenti, concentrati sulle parole che, inevitabilmente, il notaio snocciola con tono soporifero.
Li conosco da un mesetto, gente che mastica gas e sputa bombole, che non ha paura a spaccarsi la schiena caricando un furgone o a “girare” cinquanta, sessanta bestioni da 100kg in un piazzale sotto la neve.
Gasisti.
Quello siamo.
Tutti conoscono tutti, come in ogni settore chiuso che si rispetti, tutti provano a inculare tutti.
Come è giusto che sia nella povera Italia del 2013.
Eppure ancora una volta ho deciso di rimettermi in gioco e provarci.
Contro ogni previsione, ho aperto un’azienda.
Contagiato dall’entusiasmo degli altri due, soprattutto dalla voglia di ripartire dell’azionista di maggioranza, uno che a 55 anni perfettamente in grado di vivere di rendita ha invece deciso di dar fiducia a due poveri pirla senza arte è parte.
E buttarsi a capofitto, tra permessi, atti notarili, materiali, trapassi, burokratike assortite del cazzo.
Il notaio snocciola, io provo a dimenticare il brivido freddo lungo la colonna.
Roba con cui dovrò imparare a convivere.
Temo.
Di contro, la sensazione “bollente” di prendere a calci in bocca chi dopo 15 anni ha deciso che poteva benissimo tramutare tutti i dipendenti in subagenti a partita iva, è notevole, quasi inebriante.
Ci sarà da divertirsi.
Il notaio snocciola, la segretaria mi osserva da qualche parte sotto il mento e sorride, abbasso gli occhi, si sono slacciati due bottoni della camicia e i System of a Down fanno capolino.
Il concerto del 2001 a Milano.
Alzo lo sguardo sulla ragazza, carina, sui venti, non credo ne veda molte di tshirt metal qui dentro.
Fuori dalla finestra inizia a nevicare neve di pasqua.
L’inverno mi saluta.
Io lo so.