Appena una manciata di minuti dopo la sirena sulla partita dei piccoli, come spesso accade, tocca ai papà mischiati agli amici di turno DELLA coach. Ci scaldiamo per qualche minuto, tiri da fuori, terzo tempo, qualcuno schiaccia. Un fiorire di ginocchiere, gomitiere, fasce alla caviglia, scarpe rigorosamente alte.
Lo spirito è sempre alto, il fiato meno.
Si fanno le squadre, dallo spogliatoio emerge una testa mezza biondo cenere, mezza castana, capelli alle spalle, un metro e settanta, un viso nordico, ricorda vagamente l’Anna Falchi.
Mi giro verso coach Lore:
– Questa?
– Amica mia, gioca in B, occhio.
– Occazzo, è carico il defibrillatore?
Ride di gusto, io meno.
Si presenta a tutti sorridendo, Marzia, piercing al naso con le due palline, una roba maori al lobo destro, tatuaggi, canotta Heat di LeBron.
Palla a due, si comincia, si suda, cozzare duro con gli altri pezzi grossi, siamo tutti sul metro e novanta, molti anche parecchio sopra il quintale.
Roby terzo tempo, mi frega sulla destra, lo sbilancio con una spallata, giochiamo duro, piuttosto street basket che non roba da palazzetto. Grugnisce, in fondo non faccio un cazzo e me la cavo con un pò di mestiere, dove non arriva il fiato.
Marzia riceve fuori, non ci pensa un secondo, vede il cesto, tira, tre punti, cazzo.
I papà arrancano, ovvio, ma siamo sotto di poco.
Massimo è un fiato cortissimo:
– Occhio, chiudila.
Un guizzo, ha deciso di farsi vedere, penetra centrale, sguardo su di me, fa paura da come è sicura sul palleggio.
Finta e cambio mano, fa per partire a canestro e mi piazzo in mezzo solito limite sfondamento/ostruzione, incassa duro sulla mia spalla sinistra, molto duro, rimbalza indietro culo a terra.
Fallo, pare incerta.
Tendo la mano e la tiro su:
– Tutto ok Marzia?
Ridacchio.
– Ok, ok.
Però ha qualcosa in fondo alle pupille verdi.
Azione dopo, questa volta viene da destra sul mio lato preferito, Ema tenta un blocco ma non abbocco sono su di lei, punta la linea di fondo e io faccio un passo a coprire.
Fregato.
Passa la palla dietro la schiena, andando a canestro mi rifila una gomitata al fianco che mi piega in due.
Grandissima.
Fine partita, noi stravolti, loro decidono dove andare a farsi un aperitivo.
Cristo mi fa male ovunque, stasera tachipirina e ghiaccio.
Si avvicina, salvietta al collo, ride.
– Siete tosti, non pensavo.
Ci scambiamo un cinque.
– Ci si prova, di che anno sei scusa?
– Novantacinque, tu?
Non sono sicuro di volerglielo dire, ma, poi perchè.
– Io ne ho stronzissimi quarantotto.
Lo sguardo di tutti i ragazzini quando scoprono che esiste qualcuno di parecchio più vecchio che non sia un pensionato col bastone ma che indossa una maglia dei Foo Fighters.
– Oh.
Fa lei.
E per oggi può davvero bastare.
Non per infierire… ma mi sono fatta una risata cosmica!!!
Mi piace quando cambi registro… sembri quasi umano. Ma dico… quasi. 😉
Io la Gioia Z. l’adoro, checcazzo.
Reciproco, eh. …eccheccazzo!