Fuori è la città
Apro l’Alfa e siedo al posto di guida inforcando gli Oakley a specchio, la Beretta sul sedile del passeggero, fondina slacciata. Dal bauletto estraggo un cd, un leggero soffio alza una grandinata di goccioline in sospensione, poi Sinatra intona This town e il sorriso si distende.
I fiati ci danno dentro alla grande, canticchio pezzi della canzone ma il cellulare mi strappa alla visione dell’arco in fondo a corso Sempione. Un’unica parete di nuvole solide invade l’orizzonte del parco, il traffico dell’ora di punta si fa pesante.
-Novelli.
L’uomo non fa niente per mimetizzare il disprezzo.
-Dove cazzo sei sbirro.
-Felice di sentirti Gregor, hai sempre quel tocco leggero tipo pulizia etnica che ti riempie di fascino slavo.
-Vaffanculo poliziotto, come va il lavoro.
Stringo il volante di legno lucido Sinatra è passato a Somethin’ stupid, quella canzone mi ricorda la mia ex moglie.
-Il lavoro procede, tu piuttosto hai fatto la tua parte?
Un grugnito pesante.
-I bambini sono all’asilo poliziotto, tutti quanti.
Bambini, Gregor Dusan ex membro delle forze speciali del compianto presidente Milosevic non può fare a meno di atteggiarsi a super agente segreto, con conseguente codice per le telefonate.
-Sei proprio un coglione Gregor, parlami della squadra.
Ringhia, incredibile come gli venga naturale, come un mastino intrappolato in un corpo umano.
-Io e due ragazzi fidati, montanari albanesi, palle d’acciaio.
Uno scroscio violento d’acqua s’infrange sul parabrezza, la musica scivola lenta, sono assolutamente sicuro che non smetterà mai più di piovere, i passanti indossano spessi pastrani gommati, il coefficiente di acidità dell’acqua che precipita dal cielo è pericolosamente vicino al danno cutaneo.
-E con i miei in tutto siamo sei, spero che i tuoi balordi non combinino qualche casino, sarebbe davvero disdicevole.
Il tono di voce ammette ben poche repliche, Dusan inghiotte veleno ma sa che lo tengo al guinzaglio.
-Non ti preoccupare sbirro, aspetto notizie.
Mette giù senza dire altro e io torno a osservare i fanali che bucano il muro di pioggia. Attraverso il parco della triennale, le collinette erbose hanno un colore giallastro, grosse macchie di fango scavato segnalano i punti più colpiti dal veleno.
Summer wind sottile come la carezza di un bambino, in Cadorna la pioggia è riuscita in qualche modo a sciogliere la vernice colorata dell’enorme ago piantato nel culo del piazzale. Il risultato è un guazzabuglio di colori impossibili, striature verde marcio, passanti che corrono al riparo delle pensiline della stazione nord, mendicanti slavi coperti di stracci corrosi.
Eccola qui, Milano.
Sai cosa mi piace, il fatto di leggere di una città che conosci e sapere di quali posti parli. Quando leggo roba su sbirri che stanno a New York, New York me la posso solo immaginare. Ma Milano, no.
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Sai cosa piace a uno scrittore (o presunto tale), il fatto che un lettore apprezzi o meno argomentando la cosa.
Il massimo della vita.
Piace.
Inchino.
Enjoy it, Ciccio!!!!U.A.